Accertamento della residenza dichiarata

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La verifica dell’effettività della residenza dichiarata – ossia l’accertamento che un soggetto abbia realmente stabilito la propria dimora abituale in una determinata località e che non vi si rechi solo nei periodi dell’anno in cui il soggiorno si caratterizzi come più conveniente, ma vi torni abitualmente, in modo sistematico, una volta assolti gli impegni lavorativi o di studio – impone il ricorso a controlli che, se da un lato, devono essere svolti in modo non incompatibile con l’esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni (che, come accennato, non necessariamente devono avere un radicamento nel luogo in cui si è deciso di stabilire la propria residenza), dall’altro, non necessariamente richiedono che siano previamente concordati con l’interessato, in quanto, diversamente, si vanificherebbe la ratio della norma.

Affinché siano contemperate, da un lato, l’esigenza del Comune di poter svolgere i propri controlli nel modo più idoneo, e anche a prevenire ogni possibile abuso, e, dall’altro, quella del cittadino di poter attendere serenamente alle proprie occupazioni nei termini sopra illustrati, vi deve essere una leale collaborazione tra i due soggetti, caratterizzata dall’onere del richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i momenti in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di programmare i propri controlli “a sorpresa” in quelli residui”. (Corte di Cassazione Civile sez. I 30/3/2023 n. 8982)

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