Patente – Revoca – Mancanza requisiti morali – Art. 120, comma 2, Codice della strada – Illegittimità costituzionale

News

La Corte Costituzionale, con sentenza  27/5/2020, n. 99, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), e come modificato dall’art. 19, comma 2, lettere a) e b), della leg-ge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale) e dall’art. 8, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 (Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida), nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136).

Il comma 2 della suddetta disposizione è già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 22 del 2018, «nella parte in cui – con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida – dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente».

Ciò in base alla considerazione che «[l]a disposizione denunciata – sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida – ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una varietà di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entità». E anche in considerazione della contraddizione insita nel fatto che «– agli effetti dell’adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarità della patente) – mentre il giudice penale ha la “facoltà” di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto invece ha il “dovere” di disporne la revoca».

Con la successiva sentenza n. 24 del 2020, lo stesso comma 2 dell’art. 120 c.d.s. è stato dichiarato costi-tuzionalmente illegittimo «nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale».

Anche in questo caso l’automatismo della revoca della patente, da parte del prefetto, è stato, infatti, ritenuto contrario a principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, attesa la varietà (per contenuto, durata e prescrizioni) delle misure di sicurezza irrogabili, oltreché contradditorio rispetto al potere riconosciuto al magistrato di sorveglianza, il quale, nel disporre la misura di sicurezza, “può” consentire al soggetto che vi è sottoposto di continuare – in presenza di deter-minate condizioni – a fare uso della patente di guida.

Ragioni analoghe a quelle poste a base delle sentenze n. 22 del 2018 e n. 24 del 2020 ricorrono con riguardo all’automatismo della revoca, in via amministrativa, della patente di guida, prevista, dal medesimo comma 2 dell’art. 120 c.d.s., a seguito della sottoposizione del suo titolare a misura di prevenzione. Anche dopo la sentenza di questa Corte n. 24 del 2019 – che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui stabiliva l’applicabilità delle misure di prevenzione a «coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi» – le categorie dei destinatari delle misure in questione, elencate nello stesso art. 4 (e progres-sivamente incrementate dalla legislazione successiva), restano assai variegate ed eterogenee, al punto che non è agevole identificarne un denominatore comune.

Possono essere, infatti, sottoposti a misure di prevenzione soggetti condannati o indiziati per ipotesi delittuose di differenti gravità – che vanno dai reati di elevato allarme sociale (come quelli di terrorismo e associativi di stampo mafioso) a reati di meno intenso pericolo sociale – ovvero anche «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose» (art. 1, lettera b), del d.lgs. n. 159 del 2011). E tale diversità delle fattispecie, che rilevano come indice di pericolosità sociale, coerentemente si riflette, sul piano giudiziario, nella diversa durata (da uno a cinque anni) e nella differente modulabilità della misura di prevenzione adottata dal Tribunale (artt. 6 e 8 del d.lgs. n. 159 del 2011).

Dal che, anche riguardo a tali misure, l’irragionevolezza del meccanismo, previsto dal censurato art. 120, comma 2, c.d.s., che ricollega in via automatica a tale varietà e diversa gravità di ipotesi di pericolosità sociale, l’identico effetto di revoca prefettizia della patente di guida. Effetto, quest’ultimo, suscettibile, per di più, di innescare un corto circuito all’interno dell’ordinamento, nel caso in cui l’utilizzo della patente sia funzionale alla “ricerca di un lavoro” che al destinatario della misura di prevenzione sia prescritta dal Tribunale ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011. Per il vulnus che ne deriva all’art. 3 Cost. (assorbita restando ogni altra censura), la disposizione denunciata va, pertanto, dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti sottoposti alle misure di prevenzione personale di cui al d.lgs. n. 159 del 2011.Il carattere non più automatico e vincolato del provvedimento prefettizio, che ne consegue, è destinato a dispiegarsi non già, ovviamente, sul piano di un rie-same della pericolosità del soggetto destinatario della misura di prevenzione, bensì su quello di una verifica di necessità/opportunità, o meno, della revoca della patente di guida in via amministrativa a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso concreto è sottoposto il suo titolare. E ciò, come detto, anche al fine di non contraddire l’eventuale finalità, di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo, che la misura stessa si proponga.

Torna su